A conclusione di una importante ricerca, gli scienziati hanno dimostrato che l’elevato livello del fattore NBL1 circolante (neuroblastoma suppressor of tumorigenicity) sono fortemente associati con il rischio della perdita della funzionalità renale precoce nei pazienti con diabete. 

L’identificazione dei soggetti con diabete a rischio aumentato di progressione verso l’insufficienza renale cronica (IRC) tramite il fattore NBL1, rappresenta un nuovo target terapeutico per rallentare lo sviluppo e la progressione della nefropatia diabetica. 
 
“La scoperta del ruolo di NBL1 non ha solo una forte valenza prognostica – afferma il prof. Paolo Fiorina, ordinario di endocrinologia e direttore del Centro di Ricerca Internazionale sul Diabete di Tipo 1 presso il Centro di Ricerca Pediatrico Romeo ed Enrica Invernizzi dell’Università Statale di Milano – ma ha anche grande importanza nella comprensione dei meccanismi che portano allo sviluppo di una delle complicanze del diabete più diffusa al mondo: la nefropatia diabetica”. 
 
Dalla ricerca emerge sostanzialmente che NBL1 è in grado di esercitare un’azione tossica sui podociti renali che rappresentano il primo bersaglio della malattia renale diabetica. Il fatto che i livelli di NBL1 siano associati ad una perdita dei podociti glomerulari in pazienti con malattia renale diabetica all’analisi istologica e che questo sia sperimentalmente confermato in modelli in vitro, è di grande rilevanza per la comunità clinica e scientifica. 
 
“Per la prima volta abbiamo identificato un fattore tossico diretto contro i podociti renali - ha aggiunto Paolo Fiorina - dimostrando che non solo l’iperglicemia causa danno renale ma che esistono fattori specifici che possono rappresentare un potenziale target per future terapie”.
 
Il lavoro, realizzato in collaborazione con il prof. Andrzej Krolewski, Direttore della Joslin Genetics and Epidemiology section, dimostra che elevati livelli circolanti di NBL1 rappresentano un fattore predittivo indipendente per la perdita di funzione renale sia in pazienti con diabete di tipo 1 che in pazienti con diabete di tipo 2.
 
L’utilizzo di metodiche quali single cell RNAseq e immunostaining hanno consentito di studiare l’espressione di NBL1 nelle cellule renali e in vari altri tessuti e di evidenziare per la prima volta il ruolo importante di questa proteina nella fisiopatologia della malattia renale diabetica.
 
Studi precedenti avevano effettivamente messo in luce come il danno renale potesse essere causato dall’innesco di un processo di apoptosi aggravato da alcuni fattori peculiari del paziente diabetico come ad esempio l’iperglicemia e/o la presenza di obesità.
 
“Sono molto soddisfatto dei risultati ottenuti dal nostro Centro e da come i nostri ricercatori siano instancabili nel percorrere nuove strade per comprendere sempre meglio il significato della malattia diabetica e proporre nuove soluzioni per la diagnosi e la cura anche delle complicanze – commenta Gianvincenzo Zuccotti, direttore del Centro di Ricerca Pediatrica Invernizzi – Questa scoperta evidenzia anche come la sinergia tra diversi centri di eccellenza internazionali sia la chiave vincente per raggiungere traguardi sempre più importanti”.
 
I lavori sono frutto della collaborazione tra il Joslin Diabetes Center di Boston, la Harvard Medical School, il Boston Children’s Hospital e il Centro di Ricerca Pediatrica Romeo ed Enrica Invernizzi dell’Università Statale di Milano.